giovedì 3 luglio 2014

Le 8 regole per vivere l'università serenamente, non perdere tempo, e rimanere felicemente scemi.

Qualche giorno fa ho chiesto alla segreteria studenti se fosse possibile avere una copia di tutti gli esami da me sostenuti durante la mia carriera universitaria. Certo che è possibile, direte voi. E aspettate, perDianadea, vi rispondo io. Perché la mia carriera universitaria è stata un po' particolare, essendomi seduto da esaminando in tre atenei e con quattro ordinamenti diversi, sotto sei differenti ministri dell'istruzione facenti capo alle otto legislature che, dal 2005, anno della mia prima immatricolazione, si sono alternate al potere.

Ma andiamo al punto, che chi legge è gente pigra e vuole subito l'elenchino. Mo ve lo faccio l'elenchino, che mi è esploso in mente quando ho realizzato che a Novembre 2014, quando mi laureerò (se mai ho avuto gufi, gufate pure, non serve più), lo farò avendo sostenuto esami per 222 (duecentoventidue // 00) CFU rispetto ai 180 previsti, molti dei quali persi per strada, un po' per colpa mia, un po' per idiozia altrui.
Ma adesso quest'è, e questo mi tengo.
Però ora che è così, e dunque dall'alto dei miei futuri 42 crediti in più rispetto a quelli di qualsiasi laureato di triennale d'Italia, vi posso dire dove non dovete assolutamente sbagliare, cosa non dovete sbagliare, come non dovete sbagliare per prendervi la vostra bella lauretta in tre anni e terminare il percorso di studi con tutti i capelli in testa, un fegato ancora funzionante ed il numero di tentati suicidi ridotto al minimo sindacale.
Che poi fondamentalmente si racchiude tutto in un banale "non siate come me". Ma perché essere banali. Perché pretendere che la gente sappia davvero come sono io. In fondo, che glie ne frega alla gente. E soprattutto: la gente vuole l'elenchino.
Ed elenchino sia.



1. Non andate all'estero.
Perché non ne siete capaci. Seriamente, non è tanto per il fatto che pensiate che l'Erasmus sia una vacanza pagata dall'università, non è tanto il fatto che avete la faccia tosta di fare domanda al vostro primo anno da matricole, quando non solo non conoscete l'organizzazione delle università del Paese che andrete a far sbellicare dalle ristate, ma non conoscete neanche quella dell'università del vostro Paese! Siete ancora dei maledettissimi liceali, Cristo!
Il punto vero è che prima di partire per l'Erasmus bisogna stampare moduli, frequentare uffici, incontrare responsabili, compilare carte, inviare e-mail di una certa forma e contenuto, e voi non lo sapete fare. Pensate che qualcuno sia moralmente (o, peggio, ufficialmente) obbligato ad aiutarvi, pensate che su quel sito non ci si capisce niente, che le università non comunicano fra loro. Ma la vostra proiezione a quel giorno in cui tornerete dall'Erasmus per dire "io ho visto il mondo" è troppo forte; e allora pensare di poter pontificare su un sacco di cose di cui non avete la benché minima esperienza non è un problema. Perché voi, menti aperte, gente di mondo, Tomb Raider del Vecchio Continente, maturi abbastanza da sapervi fare il caffè da soli, e sicuramente più fregni degli altri, troverete un modo per cavarvela, per partire comunque, perché tanto qualcuno che deve aiutarvi ci sarà per forza. E se non partirete non sarà mica colpa vostra, ma dell'universitàdimmerda che ha fatto di tutto per non farvi partire, a voi, che invece ve lo meritavate. In tutto ciò, pretendete pure che un'università estera vi accolga fra i propri studenti e si fregi di voi. Sì, in genere un'università qualsiasi si fregia degli studenti che ci vanno a studiare, residenti o incoming che siano, y' know.
Prima di fare l'Erasmus, dunque, per piacere, prima di confermare tutti gli antichi stereotipi sugli italioti quali, probabilmente, siete, capite veramente quanto fa veramente schifo l'università italiana, prendetevi del tempo per farlo. Poi, solo allora, solo quando avrete una vera ragione per non stare più qui, andate ad innamorarvi di un'altra cultura. Una che, forse, per sei-nove mesi, riuscià anche ricambiare.

2. Non prendetevi un anno di pausa.
Perché ad un certo punto vi verrà lo schizzo di dire "beh, lascio l'università, che tanto la laurea al giorno d'oggi se non sei raccomandato non serve a niente, mi trovo un lavoretto e almeno mi tolgo i miei sfizi".
No.
Perché se fate un ragionamento del genere non siete certo voi i raccomandati e, sorpresa sorpresa, la gente non vi assume se avete una laurea e non vi assume a maggior ragione se non ce l'avete. Arriverà, un giorno, in cui qualcuno, qualche amico di un amico di famiglia (visto che voi siete solo indirettamente raccomandati) vi dirà: "guarda, io ti farei pure lavorare, ma mi serve che sei almeno laureato, basta qualsiasi laurea".
Basta qualsiasi laurea.
Posta l'assurdità di tutto ciò, argomento interessante ma che non affrontiamo per amor di brevità, quel giorno capirete che forse - forse - i tre anni che avete sprecato a fare i contadini, pittori, muratori, operatori di call center, promoter, camerieri, bagnini e baristi ora, ora che non avete lo stesso un soldo in tasca, li potevate impiegare a prendervi una laurea. E se vi foste laureati ora l'amico dell'amico di famiglia vi avrebbe fatto lavorare e, giusto per decoro, vi eravate anche fatti una cultura.
C'è poi l'ipotesi di svegliarvi un giorno, con le vostre belle cuffie già inforcate, circondato da una schiera di cinquantenni beote amiche di Maria de Filippi che impiegano le proprie pause sfogliando novella 2000, o anche di giovani come voi che come voi valgono di più di quel merdoso lavoro che state facendo, e vi direte: "io non sono questo".
No che non lo siete.
Non lasciate l'università per qualcosa che non vi farà sentire più felici né vi darà maggiori soddisfazioni di quelle che già ora vi mancano, abbiate pietà del vostro cervello, ma fatelo prima che anche lui si dimentichi come funziona.

3. Non intrattenete rapporti extra-accademici con i prof.
Perché sarete considerati dei lecchini. Anche se non lo siete. Andare in giro con un prof., parlargli di ricerca ma anche del più e del meno, bersi (venti)due birre come farebbe qualsiasi coppia, trio, o quartetto di uomini al bar, se tutto ciò include un professore questo vuol dire leccargli inoppugnabilmente il culo. Anche se manco vi insegna, anche se l'esame con lui già l'avete dato. Perché la maggiorparte dei vostri colleghi vorrebbe essere al vostro posto in quei momenti, ma è troppo limitato mentalmente per riuscirci. Gli altri, i lecchini mancati, non capiranno; vivranno costantemente nel paradosso di voler davvero leccare il culo senza poterci riuscire mentre vedranno in voi la realizzazione di quello che loro non saranno mai in grado di essere.
Se proprio volete dare un senso al buon vecchio "a me non me ne frega niente di quello che gli altri pensano", dovete abituarvi ad accettare l'idea che all'università ci sono due tipi di studenti che fanno amicizia coi prof: i J.D. (evidence 1 - evidence 2) e i Brunetta. Se dopo il secondo anno iniziate a provare un certo fastidio per i vostri colleghi più spigliati e dovete candidamente ammettere di azzeccarci poco o niente con J.D., allora le scelte rimanenti non sono molte.
E lì dovrete rivalutare la vostra concezione dell'uso della lingua.
Metaforicamente parlando.

4. Non fate rappresentanza.
Perché non sarete voi, in quanto singoli, a risolvere alcun problema. Se sarete abbastanza fortunati da scegliere una lista che ha solide basi, solidi ideali, solida storia, solidi componenti e solida organizzazione, vi ritroverete in men che non si dica carichi di passione e carichi di impegni. E salvare il culo alla maggiorparte dei vostri compagni di studio, ricevendo un grazie all'anno, sarà magra consolazione rispetto a tutto il tempo e le risorse che ci avrete speso.
Senza considerare che le elezioni studentesche sono sporche come quelle politiche, con un tasso di marciume superiore del 200%: perché i politici fanno porcate per essere pagati, i vostri avversari le faranno per pura passione o perché vogliono entrare in politica. E voi, che forse ci credevate davvero nel fare qualcosa di buono, vi ritroverete perennemente fra l'incudine dei vostri buoni propositi ed il martello della più becera demagogia.

5. Non passate da un piano all'altro.
Perché se è vero che solo gli stupidi non cambiano mai idea, è anche vero che il mondo universitario - con le sue leggi assurde, contraddittorie e mutevoli - non farà nulla per venirvi in contro. A meno che non siate al vostro secondo mese del primo anno, passare da un ateneo all'altro, da una facoltà all'altra, da un ordinamento all'altro e anche da un curriculum all'altro vuol dire senza remissione di peccati perdere tempo. E CFU.
Un po' come quando cambi un attimo canale e fanno gol nella partita che stavi guardando, un po' come quando fai tanti traslochi, e alla fine ti rendi conto che eri partito con due furgoni ed ora t'è rimasto solo un carrello appendice.
Un po' come quando perdi 42 CFU, l'equivalenza di un quasi fottuto anno accademico, senza manco rendertene conto.

6. Non puntate ai voti alti.
Perché nella maggior parte dei casi avere voti alti vuol dire studiare. E a voi non vi va. E se puta caso dovesse andarvi, dovrete elaborare un metodo di studio talmente perverso da dover rinunciare o alla vita sociale o ai bisogni fisiologici. E col cazzo che voi non uscite almeno una sera a settimana. Per di più ci sarà sempre chi, studiando la metà di voi e sui vostri stessi appunti, prenderà un voto pari o superiore al vostro. Il vostro metodo, per quanto accurato, è irrilevante. Alla fine dei tre anni saprete più cose del 90% dei vostri colleghi, avrete una mente acuta e illuminata, saprete intrattenere le più varie conversazioni e tener testa a chiunque, sarete quel personaggio di ogni serie Tv che avevate sempre definito "fico ma inarrivabile", sarà bellissimo, e non servirà a nulla. Servirà solo a rendervi conto di essere diventati parte di quella schiera di intellettualoidi che patisce la fame, e la patirà per sempre, nei secoli dei secoli, ad imperitura memoria e monito per chi volesse un dì, spinto da cotanto foco, calcare le lande del sapere, avendo scelto deliberatamente di ignorare quell'immenso cartellone posto all'inizio del percorso, troppo esplicativo per essere preso in considerazione, ma che vi chiedeva semplicemente di lasciare ogni speranza, oh voi ch'entravate.

7. Non fate una tesi d'interesse accademico.
Perché non la sapete fare, non sapete cosa sia un bibliografia, non sapete come si fanno le note, non sapete come si impagina un paragrafo e non sapete cosa voglia dire avere uno sguardo analitico. Nessuno ve l'ha mai insegnato e voi non avete mai avuto alcuna voglia di impararlo. Se invece saprete come muovervi, allora vedi punto 6): sarete circondati comunque da una banda di liceali troppo cresciuti che, col loro temino di 60 pagine a carattere Times New Roman 12, appositamente spaziato 1.7 anziché 1.5 così "esce più lunga ah ah ah", con il loro infimo lavoro compilativo finito in tre mesi e straconvinti che "si tratta di 'na cosa interessante, perché fino ad oggi non ne ha mai parlato nessuno", residuati bellici della maturità, apostoli dell'approssimazione e validissimi candidati ad una qualunque futura posizione da ministro (o da tronista, poco cambia), loro avranno alla fine i vostri stessi punti e la vostra stessa gloria. Forse anche di più, poiché voi stupidi illusi non solo avrete scelto di fare un lavoro che vada ben oltre gli squallidi 6 CFU che vi toccano, ma avrete scelto anche il relatore più preparato (e stronzo) dell'intero Dipartimento, che non vi darà mai quei fottuti 6 punti se prima non avrà da voi il corrispettivo in litri di lacrime, sudore e sangue.

8. Non vi innamorate dei prof.
No, per l'amor di Dio, non lo fate. Perché se prenderete l'università in maniera seria vi capiterà, inevitabilmente, di innamorarvi accademicamente di qualche vostro docente. Che, se meritevoli, vi amerà a sua volta. E vi tradirà. È inevitabile: non sarete i primi per lui/lei, non sarete gli ultimi e non sarete neanche i migliori. Sarete un punto di passaggio, una bella storia, una bella persona e forse un buon studente, ma nulla di trascendentale, nulla di già visto, nulla di già fatto. Una tesi da conservare a casa, fra le altre, in attesa della pensione.
E non tutti riescono a sopportare il peso dell'inesorabile trasformarsi in poco più che un ricordo. Forse piacevole, ma sempre ricordo.

Seriamente, se ci tenere a laurearvi bene, laurearvi sereni e soprattutto a laurearvi in tempo, NON siate curiosi, NON vi lanciate nel campo della ricerca, NON vi innamorate intellettualmente di nessun docente, NON pensate ai soldi indipendentemente dal fatto che ce li abbiate o meno, NON continuate a pensare che ogni problema si possa risolvere facendoci la denungia o lanciando petizioni, accettate ogni 18, studiate sui riassunti dei riassunti dei riassunti degli appunti degli altri, continuate a pensare che le segretarie vivano solo per complicarvi la vita, uscite, spottate, fate poesie in rima baciata e credete davvero che si tratti di qualcosa che abbia un qualche valore artistico, lasciate stare tutte quelle stronzate sulla pullulante e culturale vita accademica e puntate solo a quella pataccosa e pacchiana manifestazione della mediocrità italica altrimenti nota come corona d'alloro. Rimanete in modalità "liceo": lezioncina - in questa università non succede mai un cazzo - studio - serate con gli amici - Game of Thrones rigorosamente doppiato che sennò ti perdi tutto - esamino - il professore era brutto e cattivo - complimentidimammaepapà.
Siate quello che fa domande sceme su facebook, e fatene a più non posso tanto, qualcuno più scemo di voi, risponderà sempre.
E soprattutto, NON tentate mai, mai, mai e poi mai di far fruttare il vostro intelletto, ammesso che ne abbiate. Il rischio è elevatissimo: 9 anni di università (5 effettivi), in cui vi sarà rimasto solo un discutere con gli scozzesi su quale società abbia lasciato la più grande impronta culturale sull'Europa contemporanea; lavorare in tutti i settori economico-produttivi, poter dire che la miglior sbornia della vostra vita ve la siete fatta con uno a cui dovete dare per forza del "lei" e che contina a pregarti di dargli del "tu", tante battaglie vinte per chi ti defenestrerebbe senza pensarci su due volte, media sempre e fino all'ultimo sul filo del per-il-centodieci-ce-la-puoi-ancora-fare, tanti nemici, almeno due mentori, un'attentatrice alla tua carriera accademica ed una tesi che pesa quattro volte i CFU che merita. 42 CFU bruciati, con la consapevolezza che una laurea ve la siete già bell'e meritata, e che invece state ancora giocando a fare gli universitari con compagni d'avventura troppo lontani da voi per poterli degnare (o, da loro, essere degnati) dell'epiteto di COLLEGA.
Tutto questo è insano. Salvate le vostre anime, tenetevi la speranza, e lasciate entrare solo quei pochi che fan l'amore con la follia, nel nome di un q.i. a tre cifre, sotto il velo di un cielo squarciato da letali lampi di genio.